martedì 13 novembre 2007

Torniamo sulla terra e..




...addentiamo un pezzo di pane.
Riporto un articolo molto interessante.
Durante la cottura l’impasto subisce diverse trasformazioni, fisiche, chimiche e biologiche che permettono il miracolo del pane.
Consideriamo i fenomeni che avvengono all’interno e sulla superficie dell’impasto durante la cottura del pane.
La temperatura del forno generalmente oscilla fra i 220°C e i 275°C, i tempi di cottura variano anch’essi in funzione delle dimensioni e del tipo di pane.
Quando l’impasto viene infornato si ha una notevole evaporazione verso l’esterno con un notevole consumo di calorie e che, malgrado l’elevata temperatura del forno e la buona conducibilità della pasta dovuta alla sua ricchezza in acqua, rallenta la crescita della temperatura sulla superficie della pasta, la protegge dal calore e facilita il suo sviluppo. In questa fase la temperatura al’’interno dell’impasto si aggira sui 30 – 40 °C.
Contemporaneamente si ha un periodo di fermentazione intensa che scatena un aumento della produzione di anidride carbonica seguita da una forte dilatazione: ne segue una crescita in volume e uno sviluppo notevole dell’impasto.
Sulla superficie del pane, prima di infornare, vengono praticate delle incisioni che facilitano la fuoriuscita di gas, accrescono lo sviluppo in volume e migliorano l’aspetto esteriore del pane cotto, grazie alle spaccature regolari che ne risultano e favoriscono l’alveolatura.
Queste azioni vanno avanti fino a quando, sotto l’effetto del calore, la temperatura interna dell’impasto non raggiunge i 50-60 °C, temperatura alla quale i lieviti vengono distrutti e non si ha più produzione di anidride carbonica. Si ha però una notevole attività enzimatica ed inizia la compattazione dell’amido.
Fra i 60 e i 70 °C la pasta, ancora plastica, sotto la spinta combinata del vapore d’acqua che si forma e della dilatazione dovuta all’anidride carbonica continua a svilupparsi ancora.
Si ha contemporaneamente aumento di calore verso il centro dell’impasto che porta alla gelificazione dell’amido e alla coagulazione del glutine. Questi eventi portano, a partire da 70 °C alla fine della plasticità della pasta e al suo sviluppo.
La gelatinizzazione dell’amido fino alla temperatura di 60 °C comporta una idratazione esterna dei granuli.
Fra i 60-70 °C si ha un rigonfiamento limitato dovuto alla rottura di legami deboli e/o dei siti amorfi facilmente accessibili.
Tra gli 80-90 °C si ha un rigonfiamento rapido e intenso dovuto alla disgregazione dei siti meno accessibili e con forti legami (micelle).
Dopo i 90 °C si ha la frammentazione dei granuli d’amido fortemente rigonfiati con dissoluzione e diffusione delle molecole lineari (amilosio).
Intorno ai 100 °C si ha un’intensa evaporazione dell’acqua, inizia la formazione della crosta in superficie e termina la gelatinizzazione dell’amido.
Durante la cottura si ha, oltre all’evaporazione dell’acqua anche la volatilizzazione di tutte quelle sostanze che hanno una temperatura di evaporazione inferiore a 100 °C, quali l’alcool etilico e tutte quelle sostanze aromatiche che si formano sia nella fermentazione che nella cottura.
La volatilizzazione dipende, oltre che dalla concentrazione di queste sostanze nel pane, dalla capacità dell’impasto di trattenere i gas e cioè dalla sua impermeabilità e quindi dall’elasticità della maglia glutinica.
Fra i 120 e i 140 °C si ha la formazione delle destrine nella crosta che inizia ad assumere colore dorato.
La forte evaporazione della parete esterna diminuisce man mano che si forma la crosta e il bisogno di calore diminuisce. La crosta si forma, si ispessisce, si ha la caramellizazione degli zuccheri residui, presenti nella pasta, e iniziano le reazioni di Maillard che coinvolgono zuccheri e proteine e che provocano la sua colorazione.
La temperatura interna del pane, durante la cottura, di fatto non supera i 100 °C mentre la temperatura esterna della crosta ha un calore medio di 225 °C.
La differenza di temperatura fra la superficie e l’interno dell’impasto porta l’amido a comportarsi in maniera differente: all’interno la temperatura più bassa rende l’amido collante, a struttura colloidale formando la mollica, all’esterno le temperature più alte provocano il processo di destrinizzazione e di caramellizzazione degli zuccheri presenti.
Dai 180°C si producono reazioni di imbrunimento non enzimatico di Maillard e di caramellizzazione che creano progressivamente la crosta. Tutte queste reazioni sono accompagnate dalla produzione di composti volatili caratteristici, responsabili dell’aroma del pane.
Riscaldati al di là del loro punto di fusione gli zuccheri presenti sulla superficie dell’impasto danno dei prodotti di degradazione colorati, di sapore acido o leggermente amaro e astringente (5idrossimetil,2furaldeide) e una serie di composti carbonilici, aldeidi e chetoni, di odore etereo gradevole.
Per quanto riguarda le reazioni di Maillard, in un primo tempo si forma un composto di addizione tra uno zucchero riduttore e il gruppo amminico di un amminoacido. Attraverso una serie di reazioni questo composto dà luogo a 1-ammino-2-desossicetoso che, a sua volta, perdendo tre molecole d’acqua e scindendosi porta a dei composti furfurilici molto profumati.
La reazione di Maillard può dare origine a dei composti eterociclici azotati, delle pirazine ad esempio, che possiedono degli odori molto intensi.
A queste trasformazioni di base si aggiungono altri fattori che influiscono sul gusto finale del pane.
Così, la ricchezza in proteine, lo stato enzimatico della farina, la composizione dell’impasto, lo stato e lo sviluppo della pasta al momento dell’infornamento, il tipo di forno, la presenza o meno di vapore d’acqua, il tempo di cottura sono parametri che hanno azione sulla natura della crosta, sul suo spessore, sulla sua colorazione, la sua croccantezza, sulla sua friabilità e fragilità.
Una farina povera di proteine o di enzimi, un errore nella temperatura del forno daranno una crosta pallida e relativamente spessa, spesso dura e, a causa di una caramellizzazione e una Maillard insufficiente, il gusto del pane e della crosta saranno penalizzati, meno gradevoli.
Al contrario un’impasto ricco di proteine o una temperatura del forno troppo alta daranno un eccesso di colore, una costa più sottile e la tendenza a rammollire. Il gusto del pane sarà più pronunciato ma la crosta sarà meno croccante.
E’ importante sottolineare quanto il calore abbia influenza sulla formazione della crosta e sul suo spessore e quanto questo si rifletta sul gusto del pane.
La presenza di vapore d’acqua nella camera di cottura del forno al momento dell’infornamento ha molta influenza sul sapore della crosta del pane. Non si deve iniziare la cottura se il contenuto del vapore non è almeno del 75%. Il vapore condensa sulla superficie del pane a causa della differenza di temperatura fra il forno (220°-250°) e l’impasto (25°-30°), formando una sottile pellicola. Questa pellicola rende la pasta più morbida e crea un’ulteriore barriera alla fuoriuscita dell’anidride carbonica, permette un maggiore sviluppo dell’impasto conferendo al pane un volume maggiore.
La pellicola d’acqua formatasi dalla condensazione del vapore rievapora lentamente rallentando i fenomeni chimici superficiali e permettendo la formazione di una crosta meno dura e più sottile.
Poiché le reazioni di Maillard e di caramellizzazione sono influenzate dall’umidità dell’ambiente si può osservare un colore diverso della crosta a seconda che la cottura sia stata effettuata o meno in presenza di vapore.
La formazione e la cottura della mollica dipendono anch’esse dall’effetto del calore sulla pasta.
Dopo essersi sviluppata sotto l’azione della dilatazione dell’anidride carbonica che imprigiona, la pasta raggiunge una temperatura che provoca la gelificazione dell’amido e la coagulazione del glutine e questo dà all’impasto una struttura definitiva.
Assieme a questa trasformazione e ad una temperatura un po’ più alta le amilasi presenti vengono distrutte e la temperatura cresce ancora fino alla fine della cottura per stabilizzarsi attorno ai 100 °C.
Logicamente la qualità del pane dipende poi da tutta una numerosa serie di variabili che vanno dalla qualità della farina, al tipo di lievito usato, al tipo di impastamento e così via.
Quello che avviene durante la cottura è strettamente correlato a tutte queste variabili oltre che a tutti i parametri qui esaminati.

1 commento:

riccardo. ha detto...

Complimenmti dixe difficilmente ho letto in modo così chiaro ed esustivo il trattamento di un argomento così complesso.
Riccardo Avetta.
www.panificioavetta.it